Rita D’Angelo*
Raccontare e raccontarsi
“Tutto nella vita ci viene sottoforma di una narrativa: quella che raccontiamo è una storia” (Zander e Zander 2000). Impariamo da bambini a costruire uno scenario con una predisposizione cognitiva a sviluppare uno “story schema” (Barth 1995) sviluppando sensibilità verso gli aspetti strutturali della storia: possiamo dire che gli individui nascono e crescono con un imprinting che consente di dare significati e coerenza alla narrativa della storia che raccontano, rappresentando sé stessi e le esperienze della propria vita. Molti autori hanno evidenziato come il racconto di una storia debba essere considerato come una forma di “agency” (Bruner,1990) e per questo può essere rafforzato o impoverito a seconda dei parametri che attengono al racconto. La narrazione è un’attività umana universale, presente in ogni cultura e in ogni tempo, è legata ai concetti di storia, racconto e discorso, è una forma di organizzazione del discorso umano, caratterizzata dal mettere in relazione degli eventi, attribuisce un ordine causale a questi eventi, ha degli elementi strutturali tipici, quali una struttura cronologica, una trama, dei personaggi e prevede il verificarsi di situazioni di cambiamento ai quali i personaggi reagiscono.
Metodo ben noto la narrazione per rivelare e trasmettere la conoscenza: utilizzato in ambiti trasversali come in quello psicologico o nell’assessment della personalità, considera altre capacità umane come pensiero, linguaggio, logica, memoria, emozioni e relazioni che intercorrono nella vita e nella forma della narrazione. Nell’esperienza clinica incontriamo la specificità e l’unicità delle persone nella loro vita e tale incontro è realizzabile nella narrazione psicologica attraverso il pensiero narrativo.
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