Tra la malattia e il malato, senza dubbio mi interessa di più il malato. Intervista a Luigi Cancrini.

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La notte stellata. Rivista di psicologia e psicoterapia n° 2/2018 – DIALOGHI– pag 2-4

Tra la malattia e il malato, senza dubbio mi interessa di più il malato.
Intervista a Luigi Cancrini.

A cura di Claudio Rosini*, Riprese e montaggio Igor Siciliano**, Andrea Ferrazza***



A 40 anni dall’approvazione della Legge Basaglia che ha rivoluzionato la psichiatria in Italia e non solo, ripercorriamo questi anni con il Prof. Cancrini, testimone e protagonista di quel periodo come del tempo attuale.
Tra l’affermazione di Basaglia “… non possiamo esimerci dal riconoscere che l’unica possibilità di approccio e rapporto terapeutico è tuttora consentita solo a livello del malato mentale libero, quello cioè che sfugge al ricovero coatto, e per il quale il rapporto con lo psichiatra conserva un margine di reciprocità, strettamente correlato al suo potere contrattuale…” (Basaglia, 1968)) e la riflessione di Cancrini “… il disturbo mentale, da Freud in poi, va letto come il risultato di un condizionamento pesante e doloroso, attivo all’esterno e all’interno dell’individuo… il significato più autentico del lavoro psicoterapeutico è dimostrare che le malattie mentali sono costruzioni dotate di senso e sono risposte che l’individuo da alla sua storia difficile e bisogna tentare i curarle attraverso la proposta di alternative possibili” (Cancrini, 1982).
Il colloquio, attraverso il racconto e le riflessioni su questi 40 anni, si sviluppa tra queste due affermazioni che dovrebbero guidare il lavoro di ogni operatore della salute mentale. Tutto questo in un momento in cui la psichiatria pubblica, che combatte con la ormai cronica carenza di personale, è stretta tra una “psichiatria di collocamento” in cui gran parte dell’interesse nei confronti dei pazienti cronici è volto alla loro collocazione, un interesse che non riguarda la terapia ma che mira ad organizzare un nuovo modo di internare (Ferrara, 2018), ed una psichiatria clinica tutta tesa, quasi esclusivamente, al controllo dei sintomi. Si corre, quindi, il rischio di una risposta semplicistica che potrebbe preludere a nuove forme “molli” di istituzionalizzazione.
In conclusione riteniamo che solo la contemporanea difesa della libertà del malato nella relazione e la valorizzazione del lavoro del terapeuta teso alla ricerca delle alternative possibili alla malattia possono creare/ricreare la temperie culturale e politica che ha portato alla rivoluzione basagliana. Solo questo, citando un poeta può creare “una forza, un volo, un sogno, … lo slancio, il desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita…” (Gaber, 1995).

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Fourty years from the approval of the Basaglia Law that has revolutionized psychiatry in Italy and beyond, we retrace these years with Prof. Cancrini, witness and protagonist of that period as of present time.
Between the statement of Basaglia “… we can not fail to recognize that the only possibility of approach and therapeutic relationship is still allowed only at the level of the free mental patient, that escapes from forced hospitalization, and for which the relationship with psychiatrist maintains a margin of reciprocity, closely related to his bargaining power … “(Basaglia, 1968) and the reflection of Cancrini” … the mental disorder, from Freud on, should be read as the result of a heavy and painful conditioning, active outside and within the individual … the most authentic meaning of psychotherapeutic work is to show that mental illnesses are meaningful constructions and are answers that the individual gives to his difficult history and we must try to cure them by proposing possible alternatives ” (Cancrini, 1982).
The interview, through the story and the reflections on these fourty years, develops between these two statements that should guide the work of every mental health worker. All this at a time when public psychiatry, which fights with the now chronic shortage of personnel, is squeezed between a “placement psychiatry” in which much of the interest in chronic patients is aimed at their location, an interest that does not concern the therapy but that aims to organize a new way of interning (Ferrara, 2018), and a clinical psychiatry all tense, almost exclusively, to the control of the symptoms. Therefore, there is a risk of a simplistic response that could be a prelude to new “soft” forms of institutionalization.
In conclusion, we believe that only the simultaneous defense of the patient’s freedom in the relationship and the enhancement of the therapist’s work aimed at finding possible alternatives to the disease can create / recreate the cultural and political climate that led to the Basaglia revolution.
Only this, quoting a poet, can create “a force, a flight, a dream, … the momentum, the desire to change things, to change one’s life …” (Gaber, 1995).



Note

*Dott. Claudio Rosini, Psichiatra, Dirigente di I livello presso ASL Roma 2.
Riprese e montaggio:
**Igor Siciliano, Psicologo e psicoterapeuta di formazione sistemico-relazionale, allievo didatta dell’Istituto Dedalus.
***Andrea Ferrazza, specializzando dell’Istituto Dedalus

 

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