Canova tra paura e desiderio.
Tra vincoli e svincoli: la strada verso l’autonomia possibile.
Canova tra paura e desiderio.
Tra vincoli e svincoli: la strada verso l’autonomia possibile.
La notte stellata. Rivista di psicologia e psicoterapia n° 1/2020 – SUGGESTIONI– pag 166-176

Il sogno.

Giovanni Francesco de Tiberiis*


Abstract
Partendo dal racconto di un uomo che ha lasciato la propria terra “per amore” e dalle vicissitudini affrontate nella traversata per raggiungere il nostro Paese, si sviluppa un ragionamento sul concetto di ambito sociologico e psicosociale della “generalizzazione”. Una dimensione del pensiero che può essere usata singolarmente o in modo collettivo, come una specie di meccanismo difensivo. Da qui anche una riflessione su quello che può accadere nell’ambito del lavoro del training che ruota intorno ad un “noi” (allievi; sistema terapeutico; curanti in senso lato) ed un “loro” (il paziente, il suo contesto, la famiglia etc). Dinamica questa in parte comprensibile in parte, al contrario, ostativa per lo sviluppo di un piano di contatto e di possibile collaborazione o comunque dello svilupparsi di quel “gioco terapeutico” che, per essere tale, ha bisogno appunto che il noi ed il loro non siano rigidi schemi ma diversità o alterità naturali e quindi fluide ed utili.
Compito del percorso di training è di non accentuare la naturale ed anche utile tendenza a vivere il gruppo come una massa di persone impegnate in uno scopo, ma l’insieme di diverse particolarità e diverse identità capaci di ragionare insieme e di vivere insieme l’esperienza formativa.
 


Abstract
Starting from the story of a man who left his own land “for love” and from the vicissitudes faced in the trip to reach our country, it is developed a reasoning on the concept of the sociological and psychosocial sphere of “generalization”. A dimension of thought that could be used individually or collectively, as a kind of defensive mechanism. Hence also a reflection on what could happen in the context of the training work that turn around an “we” (students; therapeutic system; carers in a broad sense) and “them” (the patient, his context, the family etc). This dynamic is partly understandable, and partly an obstacle for the development of a contact and possible collaboration plan or in any case for the development of that “therapeutic game” which, to be effective, needs precisely that the we and them are not rigid patterns but natural and therefore fluid and useful diversities. The task of the training course is not to accentuate the natural anduseful tendency to live the group as a mass of people engaged in a purpose, but the set of different peculiarities and different identities capable of reasoning together and living the experience together training.

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Note
*Dott. Giovanni Francesco de Tiberiis, dirigente medico psichiatra Asl Roma, didatta dell’Istituto Dedalus e del Centro Studi di Terapia Familiare e Relazionale.

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