“La Peste” di Albert Camus, il discorso di Draghi” e la relazione terapeutica.

Fraternité. Short film di Adriano M.Murolo
Sull’altalena delle emozioni di una terapeuta in formazione.
Fraternité. Short film di Adriano M.Murolo
Sull’altalena delle emozioni di una terapeuta in formazione.
La notte stellata. Rivista di psicologia e psicoterapia n° 1/20201- SUGGESTIONI– pag 111-116

“La Peste” di Albert Camus, il “discorso di Draghi” e la relazione terapeutica.

di Giovanni Francesco de Tiberiis*


Abstract
In questo articolo si propone un collegamento tra il romanzo di Albert Camus “La peste”, la dimensione socio politica attuale, ed i cambiamenti avvertiti nello spazio terapeutico durante l’ultimo anno, in relazione all’evento epidemico.
Si sottolinea il processo che ha portato, sia in ambito politico istituzionale, sia nel lavoro con i pazienti ed i loro contesti di appartenenza ad una progressiva rarefazione delle distanze siano esse politiche-gestionali, siano esse terapeutico relazionali; rarefazione che non vuol dire annullamento, ma consapevolezza dell’emergere e della necessità dell’emergere di una dimensione del “noi”, non riscontrata in altri momenti storici recenti. La pandemia, come “trauma collettivo”, ha imposto ed impone, un cambio di clima sia a livello del macrosistema sociopolitico sia al livello di quello spazio “privato” che è lo spazio terapeutico.
Spazio appunto diventato nei fatti meno esclusivo, perché nessuno- curante o curato- può escludersi da una dimensione che ha sullo sfondo qualcosa di consustanzialmente condiviso: la paura della morte.
Dimensione presente sempre, ma sempre tenuta lontana, oggi è invece prepotentemente entrata a tutti i livelli, quindi anche a quello della psicoterapia, nella coscienza comune. E come fatto comune, in comune ci obbliga a confrontarci con essa e con i suoi fantasmi.
 


Abstract
This article proposes a link between Albert Camus’s novel “The Plague”, the current socio-political dimension, and the changes felt in the therapeutic space over the last year, in relation to the epidemic event. The process that has led, both in the political and institutional sphere, and in the work with patients and their contexts to a progressive narrowing of distances, be they political-managerial and therapeutic-relational, is emphasized; rarefaction that does not mean cancellation, but awareness of the emergence and necessity of the emergence of a dimension of “we”, not found in other recent historical moments.
The pandemic, as a “collective trauma”, has imposed and imposes a change of climate both at the level of the socio-political macro system and at the level of that “private” space which is the therapeutic space.
A space that has in fact become less exclusive, because no one – caring or curating – can exclude itself from a dimension that has something consubstantially shared in the background: the fear of death.
This dimension is always present, but always kept away, but today it has forcefully entered at all levels, therefore also at that of psychotherapy, in the common conscience. And as a common fact, in common. it forces us to confront it and its ghosts.

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Note
*Dott. Giovanni Francesco de Tiberiis, dirigente medico psichiatra Asl Roma, didatta dell’Istituto Dedalus e del Centro Studi di Terapia Familiare e Relazionale.

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